03 Ott Lettera dall’On. Angelo Senaldi
Carissimi,
spero di fare cosa gradita condividendo una riflessione, con pochi aggiornamenti, pubblicata nei giorni scorsi su La Prealpina. Cordiali saluti
Angelo Senaldi
Il nuovismo ha esaurito la sua spinta? A giudicare da alcuni segnali provenienti dall’economia e dalla politica, forse, sì.
Una serie di statistiche recentemente diramata dall’Istat sembra confermare uno stato di salute in miglioramento per l’economia italiana. Nessuno nega la persistenza di noti problemi, ma questi dati vanno tenuti in considerazione per almeno due ragioni. Intanto sono stati raccolti da un istituto indipendente, dunque non devono, o non dovrebbero, essere guardati con sospetto da quanti si occupano di politica, anche se su posizioni diverse. In secondo luogo fotografano un quadro coerente, nel quale diverse voci vanno nella stessa direzione.
L’Istat, ad agosto, ha registrato aumenti sia nel clima di fiducia dei consumatori (+3,9 punti) che nell’indice composito della fiducia delle imprese (+1,4), col raggiungimento dei valori medi del 2007. In precedenza, l’istituto aveva rilevato, nel trimestre maggio-luglio 2017, un aumento della produzione industriale dell’1,4 per cento rispetto ai tre mesi precedenti. Non solo: “Nella media dei primi sette mesi dell’anno la produzione è aumentata del 2,6% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente”. La situazione occupazionale è articolata (per genere, fasce di età, tipo di contratto eccetera) ma, complessivamente, trova conferma la persistenza dell’espansione occupazionale, tanto che il numero di occupati ha superato il livello di 23 milioni, secondo, negli ultimi anni, solo al dato del 2008, prima dell’inizio della crisi.
Tutto questo avviene durante il governo di Paolo Gentiloni. Figura pacata, poco appariscente, mai sopra le righe. Gentiloni e i suoi ministri hanno suscitato spesso le ironie degli avversari politici e dei mezzi d’informazione. Eppure diversi elementi inducono a pensare che l’esecutivo abbia saputo instaurare un clima positivo per l’economia e per il Paese. Il Governo di Matteo Renzi, con il suo forte impatto, ha varato diverse e importanti riforme. Ma il Governo Gentiloni sembra maggiormente in grado di condividerle con le categorie interessate, raggiungendo risultati tangibili e meno altalenanti che in passato. L’attuale esecutivo porta a maturazione i frutti di quanto seminato dal precedente, grazie a un nuovo modo di porsi.
La stagione delle fibrillazioni e dei tanti conflitti (indispensabili nelle fasi di cambiamento) sembra tramontare e quanti hanno giustificate ambizioni di Governo devono tenerne conto. Solidità, conoscenza dello Stato, esperienza, capacità di leggere il momento potrebbero essere le qualità giuste per instaurare un rapporto di fiducia con gli italiani, indipendentemente dalla legge elettorale con cui si voterà nel 2018. Non si tratta di rifugiarsi nel torpore politico/amministrativo. O di tornare indietro, affidandosi a una sorta di usato sicuro. Operazione che in qualche modo si sta vedendo nel centrodestra, dove l’oggi rassicurante Silvio Berlusconi e Forza Italia contendono la leadership nel centrodestra a Matteo Salvini e alla sua Lega sovranista. Si tratta di capire che alla velocità, per così dire, orizzontale delle riforme e del confronto politico deve essere associata la profondità di un dialogo non appiattito sul tema del momento (magari imposto dagli avversari) con il Paese che vive e produce. Angela Merkel, con la sua politica pragmatica, insegna: anche quando i risultati elettorali sono al di sotto delle attese, come avvenuto alle ultime elezioni, la sua Cdu resta primo partito del Paese, peraltro con la possibilità di formare un Governo sostenuto da una coalizione nuova e che potrebbe essere più omogenea rispetto alla Grosse Koalition. Torna centrale, quindi, anche il tema dei programmi, che devono essere studiati con ancora maggiore attenzione che in passato, per potere mettere il vincitore delle elezioni nella condizione di potere aggregare altre forze, almeno quelle che non sono distanti per cultura e valori.
Dare slancio alla piccola grande rivoluzione della profondità e del pragmatismo, evitando di inseguire, nei toni e nei temi, leader che gli elettori presto o tardi smetteranno di ascoltare: da questo può nascere un futuro della politica in Italia che, forse, è più vicino di quanto si pensi.
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